Omnia tempus habent, ammonisce il Sapiente: e certo il momento
in cui, nell'autunno del 2007, intrapresi la ricerca che ha condotto a
questo volume, non era o almeno non sembrava il più idoneo a entrare nel campo della dantistica, allora come oggi scosso da conflitti
violenti e accesissime contese, e divenuto improwisamente, almeno
agli occhi dell'osse rvatore esterno, un'aiuola capace di rendere gli
studiosi - e non solo loro - insospettabilmente feroci. E dire che dallo scrivere intorno a Dante mi ero sempre tenuto lontano, per una
sorta di radicato timore reverenziale nei riguardi del nostro massimo
poeta e soprattutto della complessità inarrivabile del suo capolavoro.
n desiderio però covava, e attendeva evidentemente solo un'occasione propizia: occasione che mi fu concessa liberalmente da Enrico
Malato, quando mi invitò a tenere presso la Casa di Dante in Roma
una lectura del canto XII del Paradiso. n saggio che qui presento è
nato appunto dallo sviluppo e dalla rielaborazione di quella lettura,
che tenni la mattina di domenica 22 febbraio 2008. La scelta cadde
su quel canto in modo pressoché casuale; e dunque casuale (se qualcosa awiene per caso) deve considerarsi in sostanza il tema prescelto
come oggetto di questo libro